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Ovvero: come la teoria dei giochi avrebbe potuto salvare due deficienti.

Capita ogni tanto di farsi due risate leggendo le notizie pubblicate dal sito dei Darwin Awards.
I Darwin Awards sono dei premi dati a uomini e donne che hanno deciso di debellare la stupidità dalla nostra specie. Non sono però geni od educatori ad esseri premiati, ma persone che autonomamente hanno escluso il proprio DNA dal comune patrimonio genetico. Questi signori, difatti, vengono premiati per aver causato la propria morte (o la propria castrazione) in modo stupido. In modo MOLTO stupido.

Un esempio affascinante è quello di due ragazzi che, volendo dimostrare il proprio coraggio alla stessa donna, hanno deciso di ingaggiare una singolare gara in moto. La gara consisteva nel lanciarsi a velocità elevata l’uno contro l’altro. Il primo che si fosse tolto dalla traiettoria di collisione si sarebbe dimostrato pavido.

Una moto di Polli.

Nessuno s’è dimostrato pavido e i due ora marciscono qualche metro sotto terra. La donna “disputata” si sarà fatta consolare da qualcuno di meno coraggioso. Come possiamo dare un senso a questa morte? Cosa possiamo scrivere sulle loro lapidi?

Ancora una volta ci dà una mano la teoria dei giochi. Infatti il gioco dei polli ben si presta a modello di questa sfida mortale. Pollo deriva da una traduzione letterale di chicken, che è l’offesa che nel mondo anglosassone si rivolgeva al pavido. Se uno si cerca gli equilibri di Nash del “gioco” che i due contendenti hanno messo in atto scopre che i due avrebbero dovuto giocare l’uno la strategia coraggiosa, l’altro quella pavida. L’equilibrio di Nash è quella coppia di strategia dalla quale nessun giocatore ha convenienza a deviare unilateralmente. Infatti se uno sa che il proprio avversario sarà pavido a lui converrà tirare dritto e vincere l’ambito premio (chissà quale sarà questo premio poi). Se invece il giocatore sa che il proprio nemico sarà coraggioso allora dovrà deviare dalla traiettoria mostrandosi pavido, altrimenti crepa.

Insomma non doveva succedere quello che è successo. Ma, se entrambi hanno pensato che il proprio avversario sarebbe stato pavido, allora avrebbero potuto ragionevolmente tirare dritto come hanno fatto. Ma c’è un altro ma… Se fossero stati un passo più svegli allora avrebbero capito che entrambi avrebbero potuto fare il ragionamento precedente  e conseguentemente avrebbero deciso di sterzare entrambi, salvando almeno la vita.

Questi casini capitano quando gli equilibri di Nash non sono coordinati, quando ci son di mezzo le donne, e quando s’è particolarmenti stupidi.

La bufala.

Questo non è Michel Doumesche, e non è un pazzo.

Velocemente: su tutti i giornali, italiani e non, Michel Doumesche, ospite sessantenne di un ospedale psichiatrico di Pescara, è presentato come un genio matematico francese che avrebbe appena (29 luglio 2010) ritrovato la memoria.

Non è così. Per prima cosa non si trovano riferimenti a lui in nessun modo sui vari database di articoli scientifici, né sulla wikipedia (e anche su google gli unici link paiono essere quelli ai giornali che riportano la notizia). Inoltre lui si presenta, nell’unico video disponibile, come fisico e linguista, non matematico, se anche fosse…

Ma per i giornalisti è semplice:

matematico + pazzo = genio
pazzo + genio = matematico
matematico + genio = pazzo.

Semplice no? E allora giù di banali bugie su Perelman, citare “Beutiful Mind” e si diventa giornalisti provetti!

La spiegazione (aggiornamento: un email).

Provo ad articolare più lungamente il motivo che mi ha mosso a scrivere questo post. Per farlo copincollo una mail che ho mandato al direttore di Repubblica e alla redazione online. Ho pescato Repubblica perché ci sono affezionato. Ho scritto pur conscio che le possibilità di vedere una smentita sono minime(non sono mica un politico offeso, io). L’ho fatto perché, temo, con la sciatteria dimostrata ci van di mezzo tutti: essa è, divertente, sintomo di una pericolosa mentalità da basso impero.

Questo non è Doumesche, e non è un pazzo.

data: 31 luglio 2010 ore 19:15
a: v.zucconi@gmail.com, repubblicawww@repubblica.it, a.melone@repubblica.
oggetto: un genio e una bufala

Gentile Direttore,

Le scrivo per segnalarle un errore, e per abbozzare qualche riflessione.

Paolo Gallori ha preso fischi per fiaschi: nel suo articolo del 29 luglio definisce Michel Doumesche, paziente sessantenne del reparto psichiatrico di Pescara, un “genio francese della matematica”. Gallori è in buona compagnia: lo seguono, o l’anticipano, una pletora sconfinata d’altri giornalisti, in Italia e non. Molti citano “A beautiful mind”, qualcuno si spinge a parlare di quel pazzo che ha rifiutato un milione di dollari di Grigory Perelman.

Perelman è un genio, ma non è pazzo. Il problema è che Doumesche non è nemmeno un genio della matematica: una ricerca sui database on-line delle riviste scientifiche non produce alcun risultato; cercando su google i link sono tutti a blog o giornali che riportano la notizia del rinvenimento del “matematico smemorato”. Delle due l’una: o il suo nome è un altro (e in base a cosa lo si definisce genio?) o non è un matematico (di sicuro non un genio).

A guidare i giornalisti penso sia stata la convinzione che quando compaiono due qualsiasi fra i fattori “matematico”, “genio” e “pazzo”, allora debba sussistere anche il terzo. Nel caso in questione, dato che Doumesche “esegue complicati calcoli” (sic!), “matematico più pazzo uguale genio”. Ma il ragionamento, temo, si possa estendere anche agli altri scienziati: una pigrizia mentale che rasenta la sciatteria, se non la superstizione.

I matematici di professione, così come gli altri scienziati, non sono tutti geni, e i geni non sono tutti pazzi. I matematici fanno un lavoro difficile ed impegnativo, stancante ma appassionante. I ricercatori sono sempre più vessati (vedi alla voce Gelmini) e malpagati, costretti spesso a duri sacrifici. Altro che allegri folli smemorati.

Ritengo sia pericoloso, in questi giorni così duri per la ricerca, così tremendamente duri per i ricercatori, contribuire in qualsiasi modo allo stereotipo dei “matematici pazzi”.

Cordiali saluti

P.S. Perelman non è un pazzo: ha rifiutato un sacco di soldi perché in aspra polemica con una parte della comunità matematica sulla proprietà intellettuale delle scoperte matematiche e sul ruolo egemone di riviste e comitati di peer review. Le scoperte che gli hanno valso la medaglia Fields sono state da lui pubblicate su Arxiv, una “rivista” open, e anche questo ha causato non pochi problemi sull’attribuzione del premio. Le sue idee forse non sono condivisibili, che ognuno le giudichi, ma non basta rifiutare premi monetari per essere un pazzo!

La cronaca.

Sia lodata GoogleNews: con un pizzico di attenzione si possono raccogliere molti succulenti frutti in quell’orto!

lavagna

Questa lavagna di formule non ha alcun senso.

Com’è diventato un genio della matematica il nostro Doumesche? Per mano di Virgilio e di Gallori, e con un giorno di gestazione.

La notizia del ritrovamento del sessantenne è stata data in primis dall’agenzia ANSA, il 28 luglio alle 14.58. Ma non parla di genio, bensì afferma che Doumesche “appare persona colta, conosce quattro lingue e scrive formule matematiche”. Due minuti più tardi, alle 15, leggimi.it riprende affermando che il paziente “si esprime con formule matematiche”: chissà che fatica per chiedere un succo di frutta. Per tutta la giornata del 28 luglio nessun genio: non lo definiscono così IlPescara, IlTempo, TeleRadioErre;  al massimo è “intelligente” per oria.info.

Il giorno dopo, 29 luglio, la stampa si divide: per RomaToday e L’Unico (a mezzogiorno) non è un genio, anche se sa “elaborare complesse formule matematiche” (complesse?); per Virgilio e per Paolo Gallori su Repubblica Doumesche è un genio francese della matematica (“Mente Dotatissima” ma “Memoria Debole” scherza Gallori sul nome).

Il seme è gettato, la pianta crescerà. Il 29 la Buccilli, su IlCentro, s’ostina a non riconoscergli i meriti, ma già Blitzquotidiano e TgCom (alle 16:31) s’accodano agli scopritori e lo definiscono “matematico francese” (ancora restii sul genio).

Alle 17:32 del 29 luglio ANSA china il capo e chiede venia: Doumesche è un matematico, né più né meno. Da qui cominciano gli allori. News che blog: “genio francese della matematica”! Corrispondenti.net: “genio francese della matematica”! Corriere della sera: “Michel Doumesche è un genio smemorato di 61 anni, parla quattro lingue e si esprime attraverso complesse formule matematiche.” e che fatica capirlo! E via e via e via…

Pecoroni.

Un biasimo, invece, va fatto a Laura Venuti, de IlCentro. La giornalista si ostina a non riconoscere i meriti del genio (ah! duro il destino dei geni incompresi.) e fa di più, va ad intervistare il personale del centro psichiatrico in cui è ospitato Michel Doumesche. E le sue domande ci permettono di scoprire cose interessanti.

Afferma il medico che lo ha seguito: “a lui [Doumesche] capita spesso di identificarsi con studiosi di alto livello. Fisici, chimici.” Che come tutti sanno, sono poi in fondo stringi stringi matematici. Ma soprattutto, riporta la Venuti:

«Abbiamo visto subito che è una persona particolarmente distinta, di cultura» dice il responsabile di psichiatria, Sabatino Trotta. «Spesso fa il baciamano alle colleghe. E deve aver letto moltissimo: sui muri del reparto scrive formule che sembrano matematiche e citazioni celebri di autori classici, che usa anche quando parla. Non ha perso la memoria nè la lucidità. Solo l’identità. E forse per scelta»

copyright IlCentro.gelocal.it

Formule che sembrano matematiche! E già, perché non basta scrivere quattro simboli per fare matematica? Citazioni di classici: e allora perché non potrebbe essere un genio della letteratura?

C’è gente convinta che essere gay faccia venire l’aids. E c’è gente talmente stupida da credere che i gay non dovrebbero donare il sangue.

L’istituto di trasfusione Gaetano Pini ha di recente chiuso, obbedendo a decisioni “prese in altra sede”, la possibilità di donare il sangue ai gay. Questo perché, secondo alcuni, sarebbe rischioso. I gay trasmettono l’hiv, come i cavalli portano la sella.

Siamo ben memori che all’inizio l’AIDS era considerata una malattia dei gay, ma speravo che un passetto avanti lo avessimo fatto! A parte la ragione degli asini e dei cretini (che più in là d’uno “sporco frocio” non sanno andare), per i quali non ci son ragionamenti che valgono, troviamo, in un commento alla notizia su LaRepubblica.it, l’opinione di un “illuminato” medico:

sono un medico e lavoro in un servizio trasfusionale della regione. sarò sintetico: il principale agente di infezione trasmessibile con la trasfusione sulla base della letteratura scientifica non è l’HIV ma sono i batteri (SHOT report 2009), il cui passaggio nel sangue del donatore viene reso possibile anche da rapporti sessuali traumatici. che i rapporti maschio-maschio appartengano a questa categoria è oggetto di dibattito, ma la possibilità esiste ed è documentata. questa credo sia la ragione del protocollo adottato dai colleghi del policlinico. La battuta dell’On Concia è all’ennesima dimostrazione della distanza tra la politica e la realtà: i donatori che hanno rapporti con prostitute NON possono donare, secondo una legge dello Stato. La donazione del sangue è un atto medico. Non un diritto. Non c’è alcuna volontà discriminatoria. Solo la volontà di tutelare l’elemento più fragile di tutto il processo della trasfusione: il paziente che la riceve

Inviato da stufatonante il 16 luglio 2010 alle 13:33

Queste elucubrazioni sono fallaci perché confondono l’orientamento sessuale con il comportamento sessuale. È lo stesso errore che si potrebbe compiere dando del mafioso ad una persona solo perché è nata in Sicilia, o del leghista ad un veneto solo perché è nato a Treviso. Conosco, invece, molti trevisani che sanno fare di conto!

Quanto apportato dal medico di qui sopra non c’entra nulla, quindi, con l’orientamento sessuale, ma col comportamento: c’è una possibilità, a suo dire, che avere un rapporto sessuale anale con una persona infetta dello stesso sesso (maschio) sia più rischioso che avere un rapporto sessuale vaginale con una persona infetta (in questo caso, desumo, femmina). Una possibilità. Ma questo cosa c’entra? Il sillogismo degli omofobi è che, se è più rischioso un rapporto omossessuale, allora i gay sono più pericolosi: dando per scontato che i gay, in quanto gay, si accoppino (nel senso di accoppiarsi) fra di loro ad ogni occasione buona, non usando alcuna precauzione né facendo distinzioni sui partner.

Ora, è considerato, giustamente, comportamento a rischio l’avere molti rapporti sessuali con persone di cui non si conosce la diagnosi (sani o infetti). Questo perché, ça va sans dire mais ça va mieux en le disant!, alza la probabilità di avere rapporti con persone infette. Non c’è, infatti, alcuna possibilità di contrarre l’HIV da una persona sana (etero, omo, dedita al sesso con le tazze del bagno degli autogrill, comunista, indossante calzoni alla zuava…).

Ragazza con capelli rossi: è una strega?

Ragazza con capelli rossi: è una strega?

Il far coincidere l’orientamento gay con un comportamento a rischio è pregiudizio stolto e vergognoso. E il considerare una “possibilità” che dovrebbe rendere più pericolo il rapporto una base per escludere dalla donazione i gay è stupido, perché non si confà ai dati.

I dati sulle cause d’infezione, difatti, su questo sono chiari: prendiamo, per andare sul sicuro, quelli del Istituto Superiore di Sanità: nel 2007 i rapporti sessuali etero erano risponsabili di più del 40% delle infezioni, i rapporti sessuali un po’ meno della metà. Considerando il dato storico, almeno a partire dal 1993, la proporzione si mantiene stabile.

Cambia, invece, di molto il rapporto fra infezioni dovute allo scambio di siringhe (predominante nei primi anni novanta) e i rapporti sessuali (che sono responsabili adesso il 74% dei contagi). Si alza l’età del contagio (sia calcolata come media che come mediana) attestandosi dopo i trentacinque. E come si vede dalla tab. 8 sotto indicata il rischio è costituito, in grande maggioranza, dall’avere partner promiscuoi. E, aggiungiamo noi, una scarsa coscienza del rischio, o un’avversione alle complicate tecniche di prevenzione, perché il preservativo fa piangere Gesù.

Dal rapporto ISS

Le parole sono importanti. E non è nemmeno il caso di scomodare Nanni Moretti.

Le parole sono importanti perché implicano una visione del mondo.

A me, da sempre, urta il teorema. Mi rende nervoso.

Teorema, secondo gran parte dei giornalisti italiani, significa “ipotesi non verificata”, spesso fantasiosa, oltremodo complessa, ritorta.

Ma per me, per la matematica, e anche per il Treccani, non è questo. Il teorema è sostenuto da ipotesi valide, conformi al corpo di conoscenze in cui l’affermazione trova spazio. Il contrario, insomma, del modo in cui lo usano i giornalisti di Libero, sulla prima pagina di oggi 16 maggio, riguardo il “teorema dei magistrati” contro Silvio B.

Probabilmente per i giornalisti di Libero, ma non solo, la matematica, la scienza, è questo: arzigogolate tesi, non molto comprensibili, di cui non ci si può fidare, e di cui è dubbia l’utilità e la buona fede.

(Grazie a FM per l’attenta correzione!)

Mentre tutti i media sembrano essersene dimenticati, 5000 barili di petrolio (dichiarati), come allegro spumante, fuoriescono a millecinquecento metri di profondità, Golfo del Messico.

Ovviamente nessuno ha un dato preciso su quanto petrolio si stia allegramente tuffando nell’oceano. BP dichiara 5000 barili, potrebbero anche essere 25000. Ogni giorno! Ogni singolo giorno dal 20 aprile.

Un barile sono 42 galloni USA, cioè 160 litri (158,9 e qualcosina).

Si sta quindi parlando di 794936 litri o, se preferite, 675 tonnellate di greggio ogni giorno. Stando a quanto dichiara BP. Potrebbero anche essere  3974680 litri (3375 tonnellate).

Questo vuol dire una piscina olimpionica in tre giorni (per la BP) oppure in una ventina di ore.

Stimando un 75$ al barile si riversa in mare, ogni giorno, un qualcosa che oscilla fra 300 mila dollari e 1,5 milioni di dollari.

Ad oggi (13 maggio) sono passati 23 giorni dall’incidente.

Questo vuol dire, rimanendo alle cifre della BP (e stando quindi sottodimensionati), 15525 tonnellate di greggio. Sono quindi 18283528 litri di petrolio, cioè una decina di piscine olimpioniche.
Per i venali potremmo notare che sono 7 milioni di dollari di petrolio in mare.

Se, come si prevede, ci vorranno ancora tre mesi a porre rimedio al guaio combinato da BP, arriveremo ad una quarantina di piscine olimpioniche, una trentina di milioni di dollari, un sessantamila tonnellate di greggio.

Ovviamente i danni sono, e saranno per lungo tempo anche dopo che il petrolio avrà smesso di zampillare, incredibilmente maggiori, e molto difficili da calcolare. Verrà distrutto un intero ecosistema (quello del golfo), messa in ginocchio una attività economica essenziale per la zona (la pesca dei gamberetti, che può far sorridere ma è un affare grosso), e l’inquinamento si ripercuoterà ovunque (sia l’inquinamento causato dal petrolio che quello causato dagli agenti chimici usati per nascondere il petrolio).

Diamo i numeri: la Grecia, a confronto, è una bazzeccola, una cincischia. Ma visto i soldi che fanno col petrolio, e visto quanto teniamo ai nostri SUV, e visto che per adesso ci stiamo buttando dal carbone all’uranio (in Italia), meglio non parlarne troppo. Meglio minimizzare.

Dimenticavo: sono già morte 11 persone.

Per fortuna, più negli USA che da noi, qualcuno ne parla.

huffington post

una mappa del washingtonpost

ed in Italia meritoria la copertina di Carta – Cantieri sociali

2309 Si devono considerare con rigore le strette condizioni che giustificano una legittima difesa con la forza militare. Tale decisione, per la sua gravità, è sottomessa a rigorose condizioni di legittimità morale. Occorre contemporaneamente:

— che il danno causato dall’aggressore alla nazione o alla comunità delle nazioni sia durevole, grave e certo;

— che tutti gli altri mezzi per porvi fine si siano rivelati impraticabili o inefficaci;

— che ci siano fondate condizioni di successo;

— che il ricorso alle armi non provochi mali e disordini più gravi del male da eliminare. Nella valutazione di questa condizione ha un grandissimo peso la potenza dei moderni mezzi di distruzione.

Questi sono gli elementi tradizionali elencati nella dottrina detta della « guerra giusta ».

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Questo è il Catechismo della Chiesa Cattolica, quando si occupa di guerra.
E’ ovviamente molto divertente la condizione: “che ci siano fondate condizioni di successo”. Sembra un po’ assurdo, ma se analizziamo questa condizione attraverso la TEORIA DEI GIOCHI ne percepiamo l’intrinseca grandezza.
Assumiamo infatti che tutti i popoli del mondo siano cattolici (cosa che la Chiesa auspica).
Assumiamo che tutti i popoli seguano il Catechismo della Chiesa Cattolica.
Ora, se si devono far guerra e si trovano in condizione di parità di forze non la fanno, perché appunto non ci sono fondate condizioni di successo.
Se invece il popolo A è molto più debole del popolo B sceglierà di non far guerra, non soddisfando il requisito di qui sopra. Allora il popolo B dovrà utlizzare il primo principio, cioè utilizzare altri mezzi, per esempio un’annessione pacifica del popolo A.

E la Chiesa garantisce una pace perpetua. YEAH!

P.S. anche se tutte le condizioni di qui sopra sono soddisfatte ma i popoli non conoscono il tipo del nemico (forte o debole) ognuno è incentivato a svelare il proprio tipo, perché gli garantisce in un caso la vittoria a tavolino, nell’altro la sopravvivenza.

P.P.S  Non consideriamo nel Post Scriptum qui sopra il caso in cui i popoli possano avere la stessa abilità bellica. In questo caso purtroppo nemmeno il Papa può salvarci dall’inevitabile pretesa di entrambi i popoli di essere più forte del proprio avversario. Infatti se il bluff risulta credibile l’avversario deve accettare, secondo il Catechismo, la resa incondizionata. Questo però diventa un classico problema di coordinazione, dato che essendo la stessa strategia adottata da entrambi si cade nell’equilibrio in cui scoppia una superguerra che lascia secca un sacco di gente.

Lui ha molti amici che hanno vinto il premio Nobel.

Difatti, a dire di Brunetta, Ricki Levi indicava sul Corriere nel ’82 ’83, come futuri vincitori del nobel per l’economia Francesco Giavazzi, Nicola Rossi, Alberto Alesina e lo stesso Renato Brunetta.

E non sono molto più intelligenti di lui, a dir di Brunetta.

Ma ecco a voi La ricetta di Brunetta per il Nobel:

  1. Bisogna studiare molto.
  2. Bisogna stare in america dai dieci ai quindici anni.

Tutto qui. Poi magari agitare verticalmente per 100 volte.

Disarmente, nevvero?

Per qualche approfondimento:

Gli articoli pubblicati da Renato Brunetta nelle riviste peer-reviewed. Secondo l’archivio di Springer non ce ne sono, Google Scholar individua libri di testo (povermente citati) e poco altro. Secondo Wikipedia: “Sul database ISI Web of Knowledge, Renato Brunetta risulta avere 7 pubblicazioni dal gennaio 1986 al marzo 2010, delle quali 5 classificate come “Conference Information”. Il suo h-index, risulta essere 0, cosi’ come il suo tasso medio di citazioni per anno.”

I vincitori del premio Nobel per l’Economia. Quali di questi sarebbero gli amici di Brunetta?

Le critiche al premio.

Vi segnalo due interessantissimi post, apparsi sul blog di Paolo Agnelli.

Si torna ancora sulle elezioni, sull’astensionismo, sull’importanza dei voti.

In questo caso, con puntiglio inclemente, sono stati presi in esame i dati delle regioni Lombardia e Piemonte.

Vi invito dunque a dare un occhiate alle sue considarazioni su astensionismovoti reali.


(Chi coglie la citazione del titolo vince una maglietta Cicciput.)

Ancora Lega, e ancora numeri, e ancora un ministro che da i numeri. E ancora una volta, nemmeno a farlo apposta, la Lega.

Questa volta parliamo di Calderoli (quello della porcata). Il bruciatore di leggi.

Ora, che il numero di 375000 leggi sia una enorme cazzata ce l’hanno spiegato bene un po’ tutti, a cominciare da Gian Antonio Stella.

Sono troppe 375000. Nel 1994, un Tremonti ragionevole riteneva largamente fuori dalla realtà la stima di 150000 leggi nell’ordinamento italiano. Probabilmente sono molte meno.

E tutto questo lavoro l’ha fatto un Ministro, Calderoli, che si vantava di aver fatto leggi inutili: la sua porcata.

Non sappiamo quante leggi ci sono in Italia, men che meno lo sa Calderoli. Calderoli non sa cosa ha bruciato: non gli interessa niente. A lui interessa tenere in mano il lanciafiamme.

Quello che v’è da sottolineare è la linea di condotta: non sbagliano solo per stupidità, ma per gusto del grande. Perché quando ci ci si adula si esagera. Per onanismo esagerato si dicono numeri altisonanti, si fanno risuonare in bocca le migliaia. Perché loro non sono intellettuali, non sono né studiati né letterati. Per venire incontro all’elettore, da loro plasmato, sono rozzi, ignoranti, approssimativi. Calderoli, brandendo  un’ascia, urla ad un giornaista “adesso vengo a sistemarti un po’”. Diamo i numeri?

Orrore e raccapriccio.

Il Ministro suona i cembali

Quando uno fa il Ministro dell’Interno gli tocca leggere delle tabelle con scritto dentro dei noiosi numeri.

Se per caprina ignoranza uno non sa fare i conti, mi dispiace, ma non dovrebbe fare un lavoro coi numeri.

Quindi Maroni non dovrebbe fare il Ministro dell’Interno, o quanto meno dovrebbe farsi consigliare da esperti più esperti.

Di percentuali ha parlato, non troppo tempo fa, Tremonti. Tremonti è un collega di Robertino Maroni, e non lo si direbbe un genio in matematica (e non lo è, se vi fosse venuto il dubbio).

Tremonti, facendo il maestrino, ha ricordato che “le percentuali non si sommano“. (Risatine dal pubblico in studio: imbarazzo?)

Visto che sono colleghi, che le percentuali non si sommano Tremonti dovrebbe ricordarlo anche a Maroni!

Secondo Robertino Maroni, infatti, in Italia negli ultimi due anni (Berlusconi al potere) i tempi medi di conclusione di un processo sono diminuiti del 120%. Ripeto, perché ha dell’incredibile, e magari attribuite il tutto ad un errore di battitura: il Ministro dell’Interno afferma che i tempi medi di un processo sono scesi del 120% in due anni.

Ciò vuol dire che i tempi sono scesi sotto zero: se da 100 sottraggo il 120% ottengo -20. Come saranno da interpretare questi “tempi negativi”? Processi preventivi? Lasciamo perdere… Il Ministro degli Interni Maroni ha affermato che, se nel 2007 i processi duravano trecento giorni, adesso finiscono sessanta giorni prima di cominciare.

Beh, vediamo come Robertino ha ottenuto il suo dato: “una riduzione del 67 per cento rispetto al 2007 e del 63 per cento rispetto al 2008, quindi, di oltre il 120 per cento in due anni…”. Ecco, facciamo in coro una pernacchia all’asino e tutti a casa. Ministro Maroni: le percentuali non si sommano!

Chiaramente è sbagliato. Talmente sbagliato che ad un alunno costerebbe una lavata di capo. E forse lo sa anche Maroni (dubito, ma potrebbe essere). Ma l’importante per questa classe politica, e per Robertino Maroni, come sempre, è spararla grossa. Darsi ragione, sbrodolarsi addosso, prendere per i fondelli le vecchiette, vendere fuffa, come dei volgari imbonitori. Degli spacciatori di tonici magici da far west.

L’articolo prende spunto dall’attenta e gustosa segnalazione di Sergio Briguglio su LaVoce.info.